Ho avuto la fortuna di avere dei genitori che comprarono negli anni settanta una bella casa a poca distanza da un mare meraviglioso. Erano tempi diversi, un potere d’acquisto diverso,e le vacanze si facevano sempre nello stesso posto. Fa riflettere come le cose siano cambiate da quegli anni ad oggi. Oggi l’idea di acquistare una seconda casa non risulta più appetibile come poteva essere un tempo.

Differenza di costi di acquisizione

Esiste infatti una netta spaccatura tra i costi di acquisto della prima casa e quelli della seconda casa. Comprare una seconda casa oggi costa poco meno del doppio di comprare una prima casa.

Senza entrare troppo nel dettaglio dei costi, basti considerare che l’imposta di registro è di poco meno di cinque volte più grande nel caso di acquisto secondo casa, mentre per l’accensione del mutuo l’imposta sostitutiva è 8 volte più onerosa rispetto ad un acquisto prima casa.  E tale spaccatura non riguarda soltanto l’acquisto, ma anche il suo mantenimento. Infatti in caso di seconda casa  è presente una tassazione del tutto assente in caso di prima casa (a meno non sia di pregio)

Mantenimento: una tassazione rilevante

L’ IMU e la TASI possono costituire una voce di costo importante nel mantenimento di una seconda casa, a cui si aggiunge anche il fatto che anche la bolletta elettrica subisce delle maggiorazioni in caso si tratti di seconda casa (a meno che non si abbia la residenza in tale immobile).

Oltre alla tassazione sopra descritta, va aggiunta anche la cedolare secca, che per quanto ‘tassa piatta’ (ossia fissa al 21% del canone pattuito) costituisce anche essa una voce di costo importante. Per tutti questi motivi, l’acquisto di una seconda casa è un investimento che deve essere opportunamente valutato.

Qualora invece la seconda casa abbia come provenienza un’eredità (uno dei casi più comuni), valgono le stesse considerazioni. Molto spesso chi eredità una casa propende per la vendita proprio per via degli elevati costi di gestione.

Dato tuttavia il fatto che il valore degli immobili si è deprezzato a volte anche di un 40% nel corso degli ultimi 10 anni, molti proprietari propendono per affittare comunque: in tal modo, potranno non soltanto pagare le spese, ricavare un reddito dall’ immobile ma anche attendere una potenziale rivalutazione del valore del bene.

Vendere od affittare?

Questa potrebbe rivelarsi una strategia valida, a patto che si scelga il giusto inquilino (il conduttore) e che ci sia regolarità nel pagamento del canone di locazione.

Infatti, la scelta di un inquilino che in seguito dia problemi non pagando il canone non soltanto porta al danno economico legato al mancato percepimento del canone per diversi mesi (a volte per anni in casi di situazioni particolari come minori presenti nell’ appartamento) ma anche a tutte le spese legali  necessarie per lo sfratto, quantificabili in diverse migliaia di euro.

Molto più spesso di quanto si possa credere, molti proprietari dopo un’esperienza negativa con un inquilino, cadono in una pericolosa terra di mezzo: decidono di  non vendere perché non riescono a realizzare il prezzo desiderato, ma allo stesso tempo temono di incorrere nuovamente in problematiche affittando a un nuovo inquilino, preferendo lasciare l’appartamento sfitto.

Questa ‘indecisione’ può costare diverse migliaia di euro su base annuale considerando inoltre le spese condominiali che spesso includono il riscaldamento centralizzato che va comunque pagato a prescindere dall’effettivo utilizzo.

In questi casi il consiglio è uno soltanto: prendere una decisione netta. Accettare di vendere al prezzo di mercato opportunamente valutato, oppure, se non si vuole procedere in autonomia, affidarsi ad una gestione professionale del proprio immobile.