Questo è il primo di una serie di articoli scritti da Mario Cesolini, analista del sito tradingevo, per Unger Academy. Mario è un trader specializzato nell’ideazione, programmazione e sviluppo di trading system, sempre alla ricerca dell’algoritmo perfetto. La ricerca di nuove strategie non si interrompe mai. Si alternano momenti in cui tutto è frenetico e momenti in cui tutto va al rallentatore.

 

Spesso le migliori strategie sono molto semplici. E’ molto raro che il motore del sistema raggiunga gradi di complessità elevati.

In queste serie di articoli vorrei mostrare ai lettori come una strategia basata su un indicatore possa non solo essere capace di buone performance ma che possa costituire anche la base per costruite una batteria di trading system credibile.

Durante il nostro percorso affronteremo due nemici testardi:

  • Le nostre aspettative spesso troppo elevate;
  • L’ overfitting, cioè l’eccessiva ottimizzazione degli input del sistema sui dati del passato che, inevitabilmente, porta a risultati negativi nella fase out of sample;

Ognuno di questi due fattori è in grado di far saltare in aria il nostro piano di trading. Saremo costretti ad accettare dei compromessi per limitarne i possibili effetti negativi.

 

RELATIVE STRENGTH INDEX

Conoscete tutti l’RSI? Spero proprio di si. Per quelli di voi che sono più indietro comunque è giusto spendere due parole. L’RSI è un indicatore di momentum (come il momentum, il rate of change, …) ideato da John Weller Wilder che nel 1978 lo svelò al mondo con il suo libro New Concepts in Technical Trading System. Per calcolarlo Wilder ha considerato un determinato numero di barre giornaliere e ha calcolato la media dei rialzi e la media dei ribassi. Quali vantaggi offre rispetto ad altri indicatori come il ROC (ultima chiusura diviso chiusura di x barre fa)? Ne offre diversi: oscilla tra i valori 0 e 100 (con la conseguente possibilità di individuare aree di ipercomprato ed ipervenduto) e ci dà delle informazioni preziose in più. A titolo esemplificativo immaginiamo che oggi in chiusura il valore di un titolo sia lo stesso di 14 giorni fa e che ci siano stati 12 giorni leggermente ribassisti e 2 molto positivi.  In questo caso il ROC ci avrebbe restituito un valore 0 (mercato neutro) mentre l’RSI sarebbe stato in grado di dirci che gli impulsi rialzisti erano molto più forti di quelli ribassisti.


Sopra è rappresentato l’ETF SPY con l’indicatore RSI calcolato con 14 rilevazioni e con le classiche aree di ipercomprato ed ipervenduto individuate dai valori 30 e 70.

Mettiamolo alla prova il nostro indicatore! Cosa accadrebbe se comprassimo lo SPY (ETF dell’indice SP500) ogni volta che l’indicatore scende in area ipervenduto (<30) per poi operare short ogni volta che lo stesso raggiunge l’area di ipercomprato (>70).


I risultati non sembrano affatto positivi ma non è tutto così nero: dall’analisi del performance report emerge chiaramente una forte incongruenza tra operatività long e short.


Isolando le due operatività è palese la differenza di comportamento. L’operatività long restituisce un profit factor pari a 2.63 contro uno 0.15 degli short.


Equity line detailed dell’operatività long

 


Equity line detailed dell’operatività short

 

Come può essere spiegato tutto ciò? Con l’analisi della natura del mercato azionario USA: mean reverting e caratterizzato da un fortissimo bias rialzista.


Indice SP500, grafico mensile, gennaio 1993 – luglio 2018. Evidente il bias rialzista.

 

DECISIONE #1: LIMITIAMO L’OPERATIVITA’ AI SOLI TRADE LONG

Facciamo un altro passo. Perché utilizzare il valore 14 come lunghezza dell’indicatore? Il suo ideatore ha scelto questo valore che è coerente con un’operatività di medio termine. Tuttavia, nel nostro caso, non abbiamo ancora scelto l’orizzonte temporale con cui operare.

Dobbiamo studiare cosa accade utilizzando valori diversi da 14. Al riguardo è doverosa una spiegazione: utilizzeremo l’ottimizzazione esclusivamente come strumento di analisi.

Vediamo cosa sarebbe accaduto.

Gli istogrammi rappresentati sopra indicano valori di output (net profit). Abbiamo una notizia estremamente positiva: tutti i valori restituiscono un output positivo. Stiamo andando nella direzione giusta. Notiamo poi che al diminuire del valore di input otteniamo risultati sempre migliori. Scegliamo di utilizzare il valore 2. Non cambieremo più questo parametro.

 

DECISIONE #2: UTILIZZEREMO UN RSI A 2 PERIODI

Diamo uno sguardo all’equity line e ad un estratto del performance report del sistema che opera (soltanto in direzione long) utilizzando l’RSI a 2 periodi, l’area di ipervenduto 30 per aprire nuove posizioni e l’area di ipercomprato 70 per chiuderle.


Equity line RSI2

 


Tradestation Performance Summary

 

Cosa ci piace più di tutto il resto? Per adesso l’alta percentuale di operazioni favorevoli (72.82%) e il profit factor (1.79). L’equity line è positiva ma non perfetta. Al proposito ricordiamo che siamo nella prima fase dello sviluppo e che stiamo simulando un’operatività senza risk management (stop loss, take profit, …).

Prima di chiudere questo primo articolo ritengo utile dare uno sguardo all’operatività Buy and Hold: comprando l’ETF il primo giorno di analisi e tenerlo in portafoglio fino all’ultimo giorno di rilevazione. Abbiamo già accennato al forte bias rialzista dell’indice SP500, ci attendiamo risultati positivi.


Il nostro sistema, in questa prima fase dello sviluppo, vanta un net profit del 221.10% a fronte del 520.94% del Buy and Hold. Tuttavia non si può non considerare che quest’ultimo ha conosciuto un draw down del 76.69% insopportabile, economicamente e psicologicamente, per la stragrande maggioranza dei trader.

Nel prossimo articolo continueremo lo sviluppo della nostra strategia, non vi anticipo nulla.

Mario Cesolini

 


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articolo originale disponibile qui: https://blog.ungeracademy.it/2018/07/23/un-indicatore-comune-e-una-batteria-di-trading-systems-1/