Ti sei mai chiesto se puoi automatizzare il processo di creazione di una strategia?
È un processo che richiede comunque tempo e applicazione per imparare ad andare attraverso tutti i passaggi ed arrivare quindi al prodotto finale.
Ma se gli step sono bene o male gli stessi, non si può usare uno dei tanti software che “creano” strategie?
Io ci ho provato e ti voglio raccontare quello che è successo in questo post…
Buona lettura!

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Ciao ragazzi, ciao da Andrea Unger.

Dunque sapete ormai, chi mi segue da un po’, che io costruisco Trading System e all’interno della Unger Academy si trovano anche diversi percorsi, che spiegano proprio come lo faccio io, come metto insieme i vari tasselli e una volta che si è partiti, come seguire un iter che permette di partire da un’idea grezza, viene spiegato anche come generare queste idee grezze, a creare una strategia bella e finita.

È un processo che insomma, seppur agli occhi miei è magari semplice, richiede comunque tempo e applicazione, insomma ci vuole un po’ di tempo per imparare ad andare attraverso tutti i passaggi per arrivare quindi al prodotto finale.

Siccome ho sempre anche detto che l’obiettivo è diversificare, è chiaro che con una strategia non si va da nessuna parte, bisogna farne molte, su tanti mercati, con tante idee, diciamo, di approccio, diverse, su vari mercati.

Quindi, trend-following, contro trend, bias e chi più ne ha più ne metta.

Software per la creazione di strategie: l’opinione di molti

Ecco che mi è stato chiesto qualche volta e io stesso mi sono incuriosito, se questo processo non si potesse in qualche maniera automatizzare.

Soprattutto quei fanatici del computer pensano subito che tutto quello che fa un uomo lo possa fare anche una macchina, se opportunamente programmata.

In parte questo è vero, ci sono macchine che vanno in giro da sole insomma.

Ecco che, allora il dubbio era: ma si può programmare un software che faccia tutto questo al posto nostro, quindi con una capacità enormemente maggiore chiaramente?

Di fatto si potrebbe pensare, si pensa a volte anche, che la risposta sia affermativa.

Perché?

Perché ci sono dei prodotti sul mercato che permettono di sfornare strategie, diciamo così.

Ci sono software, qualcuno proprio lo promuove come parte integrante del proprio percorso formativo, dei software che permettono di sfornare un numero elevato di strategie sfruttando un processo programmato nella macchina, tanto da passare per tutti gli step e assicurare, tra virgolette, che il prodotto finale sia un prodotto buono ovviamente, perché uno vuole un prodotto buono, una strategia che fa schifo non la vuole nessuno.

Qual è l’insidia principale dello sviluppatore?

L’insidia principale è l’over-fitting.

L’over-fitting significa mettere troppe regole che fanno troppo bello qualcosa, semplicemente perché è stato adattato troppo sui dati passati, si è fatto un data mining, cioè si è andato a pescare proprio tutto quel movimento che c’è stato nel passato per mostrare poi un risultato teorico buono, che poi funzionava nel passato e non funziona più quando si mette live.

È un po’ come dire, il mercato è costituito da movimenti insiti nel mercato stesso e in qualche maniera forti dell’identità del singolo mercato e poi da un rumore, ovvero tutti quegli sbandamenti che ci sono nei movimenti.

Un ubriaco che torna a casa, va a casa, quindi sa il movimento per andare a casa, però magari ci va un po’ zig zagando… ecco il rumore è il zig zag che subisce l’ubriaco, invece la direzione “casa”… lui sa dove andare.

Poi qualche volta succede che l’ubriaco non sappia neanche più dove sta di casa, così si suol dire e si sbagli, questi sono i momenti in cui i mercati impazziscono letteralmente e non sanno più veramente cosa vogliono mostrare e dove vogliono finire, ma sono casi particolari.

Il bravo sviluppatore dovrebbe essere in grado di riconoscere qual è il cammino dell’ubriaco…cioè del mercato ed evitare di seguirlo in tutti questi sbandamenti.

Quindi andare a cogliere l’essenza del movimento, l’identità, la carta d’identità dell’ubriaco dice dove abita e andare a pescare quello, evitando di seguirlo negli sbandamenti, ovvero trovare degli algoritmi che leggano bene i movimenti veri, insiti nel mercato, evitando di farsi ingannare dal rumore.

Perché tradando il rumore che c’è stato, il rumore non sarà uguale, sarà sempre rumore, ma con forme diverse in futuro e quindi quello che funzionava allora non funzionerà poi quando si mette a mercato la strategia.

Evitando quindi di andare a far vedere il troppo bello che c’è stato per avere qualcosa che poi sia bello o perlomeno carino in live, con denaro reale.

Uomo contro macchina: chi vincerà?

Se anche l’uomo ha una capacità ovviamente molto elevata di combinare guai, diciamo che con l’opportuna esperienza si riesce già a fare una distinzione abbastanza forte tra quelli che sono veramente casi clamorosi di casualità di risultati, oppure dove c’è qualcosa sotto.

Il software è capace di fare altrettanto?

Questa è la domanda che mi sono posto anche io, perché alla fine mi sono incuriosito.

Perché ho detto: se io sforno 50 strategie, nello stesso tempo la macchina, da me programmata, potrebbe sfornarne 5000 a essere ancora ottimisti.

Hai voglia con 5000 a creare portafogli diabolici che facciano cose fantasmagoriche!

Potrei ottimizzare il mio tempo facendo altro anche no?

Ci ho provato, perché alla fine la cosa migliore è provare, cioè le ipotesi “no è tutto una schifezza” oppure “miracolo della scienza” non portano lontano.

Ho provato un po’ anche non fidandomi di quello che veniva detto da chi promuoveva il software, ho provato nascondendo io alcuni dati anche alla macchina stessa.

Come “ragiona” un software

Perché la macchina in genere cosa fa?

Sviluppa su una porzionalità di scelta, “in sample” cosiddetto, e poi verifica su una porzione di dati sconosciuta in fase di sviluppo, “out of sample”, per verificare se gli algoritmi sviluppati, che dovrebbero adattarsi al mercato, sulla base delle informazioni in sample, si mantengono ancora validi, out of sample.

Dopodiché c’è ancora una fase, out out of sample, un secondo out of sample chiamiamolo come vi pare, dove in genere si verifica, il live, fra virgolette.

Ecco io facevo finta che questa terza parte… non la davo neanche in pasto alla macchina.

Facevo finta che non ci fossero quei dati, per evitare che per qualche motivo il software più furbo di me andasse comunque a sbirciare su qualcosa che sembrava buono e poi non lo era.

Insomma ho cercato di fregarlo in tutti i modi, il software, per vedere poi se le strategie sviluppate tenessero oppure no e l’ho fregato.

Nel senso che, non che fosse truffaldino, ma che all’atto pratico dei fatti i risultati non vanno da nessuna parte.

Purtroppo, dico purtroppo perché mi sarebbe piaciuto, e questo non parlo di un software, parlo di diversi software, con approcci anche molto scientifici.

Io non ho preso il pallottoliere che mi ha proposto magari qualche scappato di casa.

Mi sono procurato software, ma ho anche collaborato con una persona che aveva fatto, sviluppato un software di questo genere, che mi ha convinto della bontà del suo prodotto, una persona competentissima.

Quindi una persona che mi ha fatto proprio anche godere della collaborazione con cui abbiamo portato avanti il progetto, ma purtroppo i risultati hanno fatto un po’ chiudere la saracinesca su questo, perché il vero problema è che comunque vada, il software va a scavare in dati.

Non ha una propria identità, quella che ha lo sviluppatore umano quando va ad affrontare un mercato a sviluppare una strategia.

Il limite dell’intelligenza artificiale

La mancanza di questa capacità, puramente umana, di distinguere i risultati di quello che esce, fa sì che inevitabilmente, tra le tantissime combinazioni che vengono prodotte da una macchina, che ovviamente è più capace di noi di produrre velocemente, si riescano sempre a trovare quelle che vanno bene e passare i vari test.

Quindi quei test di robustezza che vengono fatti che hanno una valenza scientifica buona, perché comunque si basano su presupposti validi, che hanno una parvenza anche scientifica notevole perché sono dei test che fanno vedere un bel software, usano paroloni anche perché si parla di Montecarlo Simulation, out of sample, Walkforward analysis e chi più ne ha più ne metta, soprattutto algoritmi genetici, tutte parole grosse, effettivamente presenti nel prodotto che si va ad utilizzare, ma che non servono realmente per la garanzia che quanto prodotto funzioni.

Allora ci sarà sicuramente una tra le 100 strategie che escono che continuerà a funzionare, ma siamo sempre nell’ambito del caso.

Il problema è che, appunto, se io prendo, un po’ l’esempio che faccio a volte ai miei studenti sul perché io non uso l’out of sample, ma questo è un mio vizio proprio particolare.

Non lo uso perché l’uomo tende ad ingannarsi, nel senso che tende a sviluppare su un gruppo di dati in sample, poi verifica in out of sample, se quel out of sample non va bene, scarta il lavoro.

Va bene.

Però, se poi io torno a rimescolare il test in sample e vado avanti finché non trovo un out of sample buono, in realtà ho fatto il furbo.

Ho fatto il furbo perché sono andato avanti finché non mi è capitata la volta buona, diciamo così.

Ma non perché quella è buona, solo perché quella coincidenza vuole che l’out of sample coincidesse con l’in sample.

Insitamente o intrinsecamente, insomma avete capito, il computer fa lo stesso perché per quanto possa ripartire da 0, facendo tantissimo lavoro, tornerà comunque a trovare quella combinazione che va bene a noi… a noi come prodotto del suo lavoro, non purtroppo come prodotto utile a essere poi altrettanto buono in live.

Software per la creazione di strategie: perché ad oggi non può esistere?

Alla fine ci avrei dovuto anche pensare a tutto questo, nel senso che il fatto che questi software per quanto belli, non servano a sviluppare strategie.

Ci avrei dovuto pensare perché se fosse così banale, e dico banale perché sono software per pubblico retail, quindi software sviluppati per noi, non sono software usati dalla NASA.

Se esistesse il software così buono da buttar fuori strategie, immaginiamoci se non potesse averne uno altrettanto buono, se non ovviamente infinitamente migliore una Goldman Sachs, per dire!

Adesso non voglio fare le solite chiacchiere da bar che se fosse così allora…no ma veramente… cioè se bastasse avere una infrastruttura che macina dati per buttare fuori strategie, così in maniera bruta, entità con possibilità di investimento infinitamente superiori alle nostre, in ricerca e sviluppo intendo dire, avrebbero qualcosa, un gioiellino che andrebbe cambiato ogni giorno quasi, perché ovviamente saturerebbe il mercato di volta in volta.

Allora qualcuno obietterà: “Guarda che loro li hanno i software, anche perché Simons ha proprio il suo fondo che si basa su tutti…” sì, attenzione, non ha il macchinino che tu schiacci il bottone, macina e butta fuori!

Lui ha infinite aree di ricerca, che vengono affrontate criticamente e i cui dati vengono poi analizzati alla fine da esseri umani che li mettono all’opera in un portafoglio enorme.

Nel caso nostro retail è molto diverso, noi avremmo il macchinino che butta fuori 1000 strategie, che poi diventano 100 che poi diventano 2 magari, di volta in volta si fa questo, fino ad avere un portafoglio che poi si rompe in live, purtroppo.

Allora non serve a niente un software del genere?

Sicuramente non serve a produrre strategie, lo dico, per chi non mi creda acquisti il software, faccia le sue prove, e poi non venga a lamentarsi quando perderà soldi mettendo la strategia al lavoro, perché purtroppo è così.

Non voglio gufare, è una constatazione amara perché sarebbe piaciuto anche a me.

Però quel software con tutti quei meccanismi che ha di verifica della robustezza della strategia, torna utile quando la strategia è stata sviluppata da un essere umano.

Ecco che, io non escludo a priori di non avere un domani tra le mani un software mio, per la Unger Academy, che faccia una cosa simile, ma che lo faccia come voglio io, però su strategie fatte e validate dalla supervisione umana, mia per le mie strategie e di ciascuno studente per le proprie.

Perché il fattore umano che giudica, poi può farsi aiutare dalla macchina che va a rimescolare, controllare e fare i vari test, quello sì, ma è lui che per primo dice: “Questa strategia ha qualcosa che va bene per me per questo e questo motivo. Queste le ho scartate, queste le ho tenute, queste invece le sto monitorando”.

Allora sì, ma per sfornare strategie, no.

Oltretutto, il più delle volte, questi macchinini che sfornano strategie, si basano su dei principi che non sono altro che, diciamo, in qualche maniera, un mix di parametri.

Qual’è la soluzione secondo la Unger Academy?

Sapete benissimo, cioè lo sapete no, lo sa chi mi segue da vicino, che non è il modo con cui la Unger Academy approccia lo sviluppo di strategie, quindi anche lì c’è un distinguo da fare doveroso.

Il modo con cui io approccio i trading system è: studio del mercato con i dati, per capire quel mercato che caratteristiche mostra e quindi come sia più opportuno lavorarci.

Ecco che allora io, sapendo o notando un cambio delle caratteristiche posso anche già intuire il pericolo per le strategie sviluppate, perché qui mi anticipo e magari dico: “Aspetta un attimo sta attento qui perché il mercato qui in questo momento sta cambiando il modo di muoversi per vari motivi” e allora sto con le antenne puntate per quello che succederà.

Invece se io prendo il mix di parametri possibili, banalmente, medie mobili mischiate, estensioni di range a livello di ingresso, tutte cose che hanno magari un senso, ma che non sono la via preferenziale allo sviluppo delle strategie.

Si sa che mischiando tutti i parametri e gli indicatori possibili non si trova mai qualcosa che poi sia stabile.

Sperare che la stabilità ve la trovi il software è, a mio avviso, una pura utopia.

Come vi ho detto, se ci fosse, non saremmo qui noi a parlarne, ci sarebbe qualcuno ben più grande di noi ad aver già costruito fatto e finito.

Ragazzi c’è da lavorare, la macchinetta che voi schiacciate e vi butta fuori strategie, purtroppo c’è, ma temo che non funzioni come vorremmo.

Ha altre funzionalità sicuramente buone, ma a quelli che piacerebbe tanto, a me in primis, e sicuramente a tanti altri, non dico ad avere la pappa pronta, ma un bel lavoro con una base solida su cui lavorare, purtroppo temo che non sia ancora soddisfacente.

Per cui ragazzi vi tocca lavorare, la triste realtà.

A qualcuno alla fine piace anche, mi sarebbe piaciuto anche avere un aiuto massiccio, però alla fine comunque studiare i mercati non è poi tanto brutto dai.

Questo è quanto ragazzi, so che molti ci rimarranno male perché si aspettavano magari che lanciassi qua l’ultima rivoluzionaria… no, non ho fatto nessuna rivoluzione, perché quelli che ho visto non sono rivoluzionari e quella che avrei in mente io, semplicemente non c’è.

Rimane il metodo, il metodo con cui sviluppo io.

Se siete curiosi di saperne di più del trading secondo la Unger Academy potete registrarvi al link qui per avere informazioni in più o comunque continuare a seguirci e trovare comunque spunti interessanti per il vostro lavoro.

Ciao ragazzi alla prossima.

Ciao da Andrea Unger

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articolo originale disponibile qui: https://blog.ungeracademy.it/si-puo-automatizzare-il-processo-di-creazione-di-una-strategia/